A immagine e somiglianza di chi
sono fatto, io? Di nessuno,
solo di me stesso.
E il mio mondo, il mio vissuto
nessuno lo può capire, nemmeno
mia moglie e i miei figli.
Con il mio marchio speciale mi ostino
in direzione contraria -
e gli altri parlano di arroganza,
di supponenza - ma la mia è solo
coerenza: con me.
La mia parte per gli altri l’ho fatta:
continuo, per quel che devo, a farla –
ma mi costa troppa fatica, troppa, troppa fatica…
Perché dovrei uscire dalla mia tana,
dal mio mondo a parte?
Che possono darmi, gli altri? Aiutarmi,
consolarmi, amarmi?
Non fatemi ridere… Non ho bisogno
di nessuno, io – solo di me stesso.
Sì, forse il me stesso
che vorrei è quello
che non esiste più,
e mi devo adattare
a questo vecchio straniero… Forse
è per questo che la mia tana
è diventata una gabbia, e la rabbia
diventa più grande, la gabbia
sempre più piccola…
Pure è il mio mondo di specchi,
e non esiste nulla al di fuori
in cui potrei riconoscermi.
Perché la chiamate prigione?
È il mio mondo a parte.