Nella stanza segreta, 2018


NELLE STANZE SEGRETE DI GABRIELLA MONGARDI


   Poesia essenziale, distillata, preziosa quella di Gabriella Mongardi. Versi brevi, folgoranti, percorsi da bagliori improvvisi, da segreti incanti, da ancestrali legami con la montagna.
   Intercorrono venti anni dalla ‘plaquette’ La tela di Penelope a questa nuova raccolta, ma la poesia è sempre colta all’apice del suo misterioso fiorire. Quasi una raggiera, un intreccio di temi e ricorrenze si riverbera da un libro all’altro.  Esemplare è il richiamo alla poesia eponima della prima raccolta in Risveglio.
   La poesia di Gabriella si abbevera ad una fonte di silenzi tramati di voci interiori. Scaturisce da intima necessità, da un’occasione, un evento, un’immersione totale nel paesaggio montano. L’opera per essere autentica deve nascere da necessità, affermava Rilke. Il poeta praghese suggerisce inoltre che non esistono luoghi poveri e indifferenti, tutto può essere trasfigurato con la forza delle immagini poetiche. Ed è ciò che avviene nella poesia di Gabriella Mongardi: una discesa nella cosa, nell’oggetto fino a coglierne quel lucore segreto, le pieghe intime, in una compartecipazione totale, in un empatico slancio per abbracciare il mistero che soggiace nell’ombra delle nostre vite.
   Nell’emblematico titolo della nuova raccolta, Nella stanza segreta, aleggiano echi della Dickinson (Gabriella aveva magistralmente tradotto una scelta di poesie nel libro di Giuliana Bagnasco L’incanto nella poesia di Emily Dickinson) ed è perfetta metafora dell’anima. Ma “stanza” richiama anche altri significati: è, soprattutto, equivalente a “strofa”; così sono organizzate le composizioni dall’autrice monregalese che ama i silenzi e gli spazi bianchi. Un’altra poetessa cui la Mongardi mi pare affine, sia per la vena intimistica sia per l’amore per la montagna, è Antonia Pozzi.
   Il titolo è estrapolato dalla poesia che apre la raccolta, 5 Novembre 1994, ispirata alla tragica alluvione del Tanaro. Una sorta di personificazione dell’elemento acqua che, rompendo gli argini,  causa morte e distruzione. Infatti, la furia del fiume diventa un pifferaio magico come nella fiaba dei Grimm, insensibile e freddo, «che non si volta a guardare / il vuoto e la devastazione, / e nulla sa di ciò che porta, / di ciò che lascia.».  Sono versi icastici; danno il senso dell’ineluttabile, colgono con folgorante intensità l’impotenza dell’uomo di fronte allo scatenarsi delle forze della natura.
   I leitmotiv dell’autrice sono soprattutto scanditi dalle visioni montane dove selce, cielo, albero condividono lo stesso fulgore di bellezza. Così avviene nella poesia dal titolo in occitano Lou merze gros (Il grande larice): «ho imparato / l’alfabeto dei suoi rami, / la sua lingua di vento».  O nei versi “scolpiti” di Apparizione (dedicata all’Argentera): «Ma nessuno sente / il tuo silenzio, / il tuo cuore / di ghiaccio e roccia su cui poggia / la nostra vita / dispersa, / il fragile equilibrio/ dei tuoi cristalli / di granito.».
   Gabriella in questa ‘plaquette’ ci dischiude immagini di intima bellezza, esplora con uno sguardo preciso e ravvicinato microcosmi palpitanti di vita vegetale, minerale, umana. Incastona nei versi metafore e similitudini con perfetta aderenza all’oggetto, con un sapiente gioco tra originalità, semplicità, vivida freschezza...
   Spesso si avvale della scansione in strofe dai versi brevi e compatti, con sottili richiami fonici, allitterazioni. Le parole sono concise,  luminose come scaglie di mica. Talora inarcature marcate originano una musica franta, scandita, pulsante. Non appaiono rime proprio per coerenza con il senso di “scabro ed essenziale” che connota il mondo dell’alpe.
   La raccolta, pur se allineata con la precedente, come ramificazione di uno stesso albero, ci apre nuovi squarci di “stanze segrete” nella continua ricerca di corrispondenze fra natura e animo umano. Gabriella si piega sulla corrente del tempo e ne coglie impercettibili fruscii, iridescenze di istanti fugaci, baluginare di incanti e visioni. Da sempre risale i tortuosi sentieri delle nostre vallate per farci dono di parole che intrecciano ponti verso l’infinito.

Remigio Bertolino



ad Alice



                5 NOVEMBRE 1994


L’acqua di Tanaro arriva piano,
guardinga, in esplorazione –
copre l’orto e la corte
si insinua in casa
sotto la porta chiusa
scende le scale della cantina
colma non vista la cucina
trova la stanza segreta
e in segreto se ne impossessa –
vuole una casa anch’essa,
vuole fermarsi un momento,
dormire una notte in un vero,
in un solido letto…

Ma al comando geloso del fiume
si scuote s’ingorga risucchia ruba
e la seguono piatti e bicchieri
e tavoli e armadi e corredi
e quaderni e specchi e matite
al suono di una musica che non udite –


e l’acqua precipita in fuga
con le valigie
affardellate di nostri tesori –
pifferaio di Hamelin
che non si volta a guardare
il vuoto e la devastazione,
e nulla sa di ciò che porta,
di ciò che lascia.



                   SLIDING DOOR


Scrivi prima che sia troppo tardi,
prima che la velocità di fuga
superi la gravità e i codici
diventino indecifrabili garbugli.
Scrivi prima che sia troppo tardi
e la traduzione impossibile,
prima che l’antimateria annichili
l’universo e un buco nero inghiotta
irresistibile il collasso di tutto.
Scrivi, prima che sia troppo tardi.

                 


                   APPARIZIONE


Appari d’un tratto
tra capannoni e chiese,
dietro tralicci e case
Argentera sovrana, possente                                        
canto della Terra,
cassaforte del Tempo.

Forze sublimi nei millenni
ti hanno forgiata impastando
fondali marini e
viscere di vulcani
in una metamorfosi
d’impassibilità.

Ma nessuno sente
il tuo silenzio,
il tuo cuore
di ghiaccio e roccia
su cui poggia
la nostra vita


dispersa,
il fragile equilibrio
dei tuoi cristalli
di granito.



                   SALENDO IL MONDOLÈ


Nei passi con cui salgo il Mondolè
camminano mio nonno
e mio padre
e tutti quelli che negli anni
m’hanno insegnato
ad amare le montagne.

E anch’io
quando il mio tempo
sulla Terra sarà finito
camminerò nei passi
di chi dopo di me
salirà le mie montagne,
ne saprà i nomi,
i fiori,
i panorami.




CORSO STATUTO 1


Nella casa sulla cascata abitavano
i nonni
il pianoforte
i gatti
i quadri degli antenati
due bergère
e sotto la finestra della cucina
la cassapanca scura
su cui noi bambini
salivamo
per affacciarci al mondo.




                   IL FILO DI ARIANNA


Ci sono altri fili?

La cesta del cucito ne trabocca,
in matassine, gomitoli, spolette –
filo da ricamo, da rammendo,
da imbastire, filo forte…

Se cerchi bene trovi anche spago,
stringhe, corde di violino,
nastri magnetici, capelli,
canzoni, discorsi, versi…

Basta, per tendere una rete
che veli il vuoto
sotto i piedi dell’acrobata?

Ma ci sono altri fili?

                                                        


                   LA  MIA LINGUA


La mia lingua non mi appartiene
è un collage di parole di altri,
parole in me sopite
che riconosco nei libri.

La mia lingua non mi appartiene
come non mi appartengono i geni
i neuroni le cellule gli atomi
da cui sono formata.

Bambina, cocciutamente ho studiato
come si combinano i suoni
a creare parole, le parole
a creare discorso.

Adesso conosco tutte le Parole,
le loro Leggi, il loro Potere
ma con il mio nome di bambina
nessuno più mi chiama.



                   RISVEGLIO


Uno schiocco di dita
e il labirinto pauroso svanisce
svaniscono Tantalo e Sisifo,
Calipso e le Sirene, il giudice Minosse,
le Erinni, le Arpie
i marosi affilati hanno sbranato
la tela di Penelope
Atropo sola attende.




                   FELICITÀ


Forse è esistita la felicità
è stato in anni 
lontani, forse sognati,
irrecuperabili. Invano la
cerchi riordinando i tuoi cassetti,
invano frughi nella borsetta
tra vuoti ostinatamente crescenti.
Allunga il passo verso casa: è notte.




                   INNO ALLA NOTTE


Il mio cuore trabocca
dei doni della notte,
la magnolia è in subbuglio,
alla finestra fremono gli ellebori.
Nel grembo della notte
pulsano battiti e carezze,
frulli d’attesa, fiducia e dolcezza –
l’oboe lancia stelle umide
di buio, il vento
le raccoglie
e si profuma
di notte.




                   LEÇON DE TÉNÈBRES


Siano lievi carezze le parole, 
si tengano a distanza
dalla fiamma
che avvampa le farfalle
nella notte…

E non abbiano paura
delle tenebre
è nell’eclisse
nell’assenza
nel vuoto
la Verità.

 




                   IL FABBRO


Non ci sono segreti,
solo ricerca di bellezza
con la forza della luce.
Nella mia fucina incandescente
dono scintille di me stesso
alla materia inanimata,
insegno il volo e il canto
a corpi gravi.




                   LA POESIA


La poesia s’annida nelle crepe
di metafisici muri,
nella polvere
di strade smarrite
come mica nelle pietre risplende
nello sfibrato sfacelo delle vite.

 



                   LOU MERZE GROS


Ho abbracciato un albero
immenso,
padre figlio fratello,
ho fatto il nido
fra le sue radici,
ho imparato
l’alfabeto dei suoi rami,
la sua lingua
di vento.

 

 



                   DA CIMA DURAND


Ho chiamato per nome le montagne –
all’appello non mancava nessuna,
nessuna si sottraeva allo sguardo:
erano virgole di neve e strapiombi,
pentagrammi di assoluta armonia…

Remote, perfette nella loro bellezza
si concedono a un amore leggero,
senza possesso né gelosia –
il nome con cui le riconosciamo
è la sola carezza che le sfiora –
il solo dono
la loro presenza.
                                                        



                   SILENZIO


Contempla. Ascolta. Taci.
Misura. Confronta. Comprendi.
Nessuno risponde alle tue domande.
Non turbare il silenzio
della montagna
se non con il rumore dei tuoi passi.




                   TRACCE


Non lascerai tracce.
Dopo il passaggio della nave
il mare si richiude,
non è graffiato il cielo
dal volo degli uccelli.
Il silenzio riassorbe indifferente
le note più strazianti e più sublimi,
il tumulto del cuore non increspa
la curvatura dello spaziotempo.
No, non lasciare tracce.




                   È TUTTO


Dall’acqua all’aria,
dall’aria alla terra –
da un pugno di cellule
a un pugno di cenere –
dal buio alla luce al buio:
è tutto.




                   VIVI NASCOSTO


Vivi nel nascondimento,
sfoglia foglie di nebbia
e fili di vento.
Sfoglia la corteccia dei sospiri
e la corona dell’alfabeto,
sfoglia la svogliatezza
e la tristezza,
la mancanza e la pienezza.
Sfoglia i giorni
le ore
i minuti
e di nascosto spiane il fluire,
di nascosto godi il profumo
del silenzio
e del segreto.




                   PESO


La catasta dei giorni
non ha più peso
di un respiro –
basta un fiocco di neve
a farla crollare.



                   ISTANTANEA


Sono solo colori
rubati al volo del tempo,
sono solo parole
di una lingua straniera…

strisce verdi di grano –
bandiere di primavera
fra le zolle d’oro dei campi –
finiscono nel grigio
velluto del cielo,
palizzate di pioppi
chiudono
in gabbia lo sguardo

il tempo
si mette in posa.

 

 



                   È TEMPO


Separerò il grano dal loglio,
le lacrime dell’io ferito
dall’ebbrezza di un Annuncio:
il Tempo per me, solo per me, ritorna,
mi scrive lettere d’amore
sui seracchi,
legge i solchi scavati nella roccia,
i geroglifici sulla neve…
È tempo: eccomi.




                   DIVERGENZE


Inspirare, espirare
convergere, divergere
avvicinarsi, allontanarsi
concepire, partorire
addormentarsi, risvegliarsi
dentro il respiro,
dentro il mistero,
dentro…

 



                   LA MAGNOLIA


All’ombra della magnolia
si acquatta la tenerezza,
l’aria brulica di sospiri,
pulsano lucciole fra i rami.
Fra le foglie dure della magnolia
fioriscono parole,
la luna si fa un nido di profumo.




                   LA COLLINA DELL’ANIMA


La Collina dell’Anima mi porta
una promessa ogni mattina.
La guardo da lontano dominare
la pianura, parlare alla pari
alle montagne,
ne risalgo impavida i ruscelli,
ne percorro
le rughe e le forre
ove s’infratta la sua anima –
profumo di castagne
bruciate da bambina
e di camini ansimanti sui tetti,
muffa di cantine senza finestre,
fioche fosforescenze di parole.



                 


                   LONTANANZA


In lontananza
fluttuano forme leggere
di montagne,
le cime appese al cielo –
un disegno di bambino
inciso d’ombra
dal sole che tramonta.

Inconsistenti
si fanno d’ombra
opere e giorni,
quando il tempo si assottiglia
e dentro le montagne cresce

lontananza…




                   YIN E YANG


Vertiginosamente
impone il monte la sua ombra
sulla conca,
sprigiona
la sua rocciosa ribellione,
il bisogno di lotta
e di sfida
le falde di luna
sprofondate
nella quiete della conca,
nido d’erba autunnale
e zucchero filato.




                   FESTA MOBILE


Larici infuocati risalgono la valle,
rocce in abito bianco
si slanciano nel cielo,
pioppi tremuli palpitano d’oro,
di attese non dette, di segreto.

Eppure nulla muove la montagna
né la turba. Nulla.
Nessun gioco di specchi cambia
il suo inverno con il nostro.




                   PIETRAIA


Ti manca un po’ la terra sotto i piedi?
Normale, basta farci l’abitudine,
farsi leggeri come equilibristi,
sviluppare un’attitudine al volo
non cancellata dall’evoluzione,
guardare fisso gli occhi del Destino,
lo sguardo ipnotico della Signora
dal riso secco, ossuto e digrignato
come questa pietraia d’alta quota.




                   OBLIO


Sono stanche stasera le montagne,
hanno freddo, hanno sonno…
Soccorrevoli
si affollano le nuvole
intorno, le abbracciano,
sprimacciano cuscini e li dispongono
a corona, a cascata –
vi abbandonino il capo
in quel morbido il peso
della pietra si sciolga e le montagne
per una notte dimentichino
di essere montagne.




                   COME SEMPRE


Anche questa notte finirà,
la notte più lunga dell’anno –
e nel buio più grande crescerà
la luna, più bianca
la sua musica ti accarezzerà.
Ritroverai sogni dimenticati,
dimenticherai il peso del cuore
e la notte più lunga finirà,
come sempre.




                   DOPPIO SOGNO


Sotto il tendone del circo il pagliaccio
sogna la luna e nel sogno
non sa più a chi dei due appartenga
il volto bianco e rotondo
le lacrime che lo cancellano
la musica che culla il vuoto…

Sotto il tendone del cielo la luna
sogna d’essere il pagliaccio che piange,
la luce azzurra che riempie la notte –
e il trattino del treno
si allontana nel vuoto.




                   DIFESA


"Vengo volando!"
E ti muovevi a passettini, nonno,
senza forze e senza fiato
l’indicibile leggerezza,
l'ironica grazia
la tua unica arma di difesa…

 



                   PASSI E PAROLE


Timidamente pronunci parole
incerte come primi passi –
le lanci nell’aria stupita
che siano un richiamo –
che abbiano risposta.

Timidamente accenni passi
incerti come prime parole –
esitano i piedi a toccar terra
per paura d’inciampare –
nelle parole che non dici…




                   AUTUNNO


S’è rinfrescata l’aria nel giardino,
l’ombra s’è fatta leggera leggera,
ha accarezzato in punta di piedi
le sedie vuote,
le parole non dette –
il suo misterioso sorriso
è riparo, congedo, distacco –
il giardino attende l’inverno.

 



                   FINALMENTE


Finalmente è arrivata
la gelida luce d’inverno,
la cristallina purezza dell’aria,
la trasparenza
di un sorriso di brina –

un sorriso distante,
custode di germogli
di giorni più lunghi,
nido di gemme
di primavera.



                   IL VENTO TRA I LARICI


I larici si destano
trepidanti a notte fonda,
è arrivato il vento.
Bisogna approfittarne,
abbracciarsi, accarezzarsi,
toccarsi: quante cose
da raccontarsi!

È tutto un brusio
un ronzio e
sussurri e
sospiri e
pispigli …

Bisogna approfittarne,
non si sa quando
il vento cessa, quando
arriva solitudine
e silenzio
e immobilità.


                   FLUIRE


Nelle pieghe dei calanchi
cola una luce grigia,
nel fiume il cielo
lentamente scioglie
nuvole di tufo.

Nelle pieghe della pagina
scorre la vita taciuta,
la penna incide la pena,
l’inchiostro trova
un argine al fluire.



                   CONGEDO


Vorrei accarezzarti la fronte, sentire 
fra le mie dita i tuoi occhi
profondi, vorrei
prendermi cura di te.

Vorrei, ma sono troppo lontana
vorrei, ma non ne sono in grado
ho solo parole da darti, nient’altro,
parole d’amore soltanto, ma tu…

Abbi cura di te,
mio lettore.


           ALLA FINE


Alla fine,
passa tutto a uno stretto setaccio –
nevicherà il non-detto,
il non-fatto, il sognato,
gli scarti, i sottintesi –
e quella nevicata
appagherà il tuo cuore.




(grafica di copertina di Teresita Terrreno: Gatto alla finestra, pastello, 2017)


Mondovì, gennaio 2018, fuori commercio.

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